Estratto
CONDOMINIO COMPOSTO SOLO DA DUE CONDOMINI. LE DELIBERE SONO VALIDE SOLO ALL’UNANIMITA’
La Suprema Corte conferma la correttezza in punto di diritto della decisione della Corte di Appello, posto che nel condominio c.d. minimo (formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni), le regole codicistiche sul funzionamento dell’assemblea si applicano allorché quest’ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione “unanime”, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari; ove, invece, non si raggiunga l’unanimità, o perché l’assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché, come nella specie, alla riunione benché regolarmente convocata – si presenti uno solo dei partecipanti e l’altro resti assente, è necessario adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 cod. civ., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario.
Estratto a cura del Centro Studi Nazionale ANACI
Testo
CASSAZIONE 7 LUGLIO 2017, N. 16901
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Mazzacane Vincenzo – Presidente
Dott. Giusti Alberto – Rel. Consigliere
Dott. Orilia Lorenzo – Consigliere
Dott. Sabato Raffaele – Consigliere
Dott. Cortesi Fracnesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
– ricorrenti –
CONTRO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna in data 7 giugno 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 giugno 2017 dal Consigliere Alberto Giusti;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Corrado Mistri, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Tanto premesso, le attrici chiedevano che fosse dichiarata la nullità o l’invalidità della delibera anzidetta o che la stessa fosse annullata siccome illegittima, sia per difetto di convocazione sia per il mancato raggiungimento del quorum necessario, e che il Tribunale dichiarasse che nessuna somma era da loro dovuta ai condomini per mancanza dei presupposti di legge.
I convenuti si costituivano in giudizio e chiedevano il rigetto della domanda.
La Corte d’appello ha escluso che la deliberazione impugnata fosse priva di effetti concreti riflettentisi sul patrimonio dei condomini: la deliberazione, infatti, non si limitava a rinviare ad altra assemblea la definitiva formazione delle tabelle, ma provvedeva ad una formazione delle stesse, sia pure in via provvisoria, provvedendo alla ripartizione dei lavori di manutenzione, ossia alla suddivisione dei costi di tali opere tra i singoli condomini, sulla base della tabella approvata in via provvisoria, salvo conguaglio, “onde evitare azioni legali da parte delle ditte interessate che vogliono riscuotere il corrispettivo dei lavori eseguiti”.
La Corte d’appello ha quindi ritenuto invalida la delibera impugnata, sotto il profilo dell’annullabilità: trattandosi di condominio minimo, composto da due soli partecipanti, la deliberazione è stata adottata in violazione del principio dell’unanimità.
Nel dichiarare che nulla è dovuto dalla Lu. e dalla S. quale contributo per le spese di realizzazione dei lavori oggetto della deliberazione, la Corte d’appello ha rilevato che i condomini L. e I. non hanno mai nemmeno allegato l’urgenza dei lavori da loro disposti sulla cosa comune e oggetto della impugnata deliberazione, ed ha escluso che i lavori stessi fossero stati comunque approvati dalle appellanti.
La S. ha resistito con controricorso.
Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc. civ., chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Il motivo è infondato.
Non v’è dubbio che il condomino che intenda impugnare una delibera dell’assemblea, per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, e questo presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale (Cass., Sez. VI-2, 9 marzo 2017, n. 6128).
Nella specie di tale principio la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione, rilevando che era evidente il concreto pregiudizio derivante per le originarie ricorrenti dagli effetti vincolanti del deliberato assembleare, il cui oggetto le esponeva direttamente a richieste di carattere patrimoniale.
Invero, come esattamente sottolineato dal giudice a quo, la deliberazione non si limitava a rinviare ad altra assemblea la definitiva formazione delle tabelle millesimali, ma aveva provveduto ad una formazione, sia pure in via provvisoria, delle stesse, provvedendo ad una suddivisione del costo dei lavori manutentivi tra i singoli condomini.
2.1. – Il motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi.
Infatti, la Corte d’appello ha riconosciuto la sussistenza dell’interesse della Lu. e della S. ad impugnare la deliberazione adottata dagli altri due comproprietari in loro assenza prendendo in esame direttamente il contenuto della deliberazione, mentre ha prescisso (“senza nemmeno la necessità di considerare…”) dal pur inequivocabile riscontro offerto dalle fatture che furono in seguito recapitate alle originarie ricorrenti dalle diverse imprese che eseguirono i lavori.
3.1. – Il motivo è infondato.
Esso muove da un erroneo presupposto di fatto, ossia dal rilievo che la delibera oggetto di impugnazione si sarebbe limitata a verbalizzare le intenzioni e la volontà non obbligante espresse dai comproprietari dell’altra unità immobiliare.
Si tratta di un presupposto che collide con quanto ha incensurabilmente accertato il giudice del merito, il quale ha evidenziato come in realtà il contenuto e l’effetto della delibera assembleare consistano nel creare obblighi in capo al condomino assente.
Di qui la correttezza in punto di diritto della sentenza impugnata, posto che nel condominio c.d. minimo (formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni), le regole codicistiche sul funzionamento dell’assemblea si applicano allorché quest’ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione “unanime”, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari; ove, invece, non si raggiunga l’unanimità, o perché l’assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché, come nella specie, alla riunione benché regolarmente convocata – si presenti uno solo dei partecipanti e l’altro resti assente, è necessario adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 cod. civ., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (Cass., Sez. II, 2 marzo 2017, n. 5329).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per compensi, oltre alle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 13 giugno 2017.